LA RECENSIONE CHE ASPETTAVO DI SCRIVERE DAL 1989

Oggi ho rivisto, dopo quasi 25 anni, “Moonwalker”, il film di Michael Jackson. Curioso: quando l’ho visto la prima volta, al cinema, avevo 14 anni, il film più intellettuale che avevo visto era “E.T.” ed ero un fanatico estremista di Michael Jackson. Eppure il mio giudizio fu che si trattava di una bojata pazzesca. “Quando fa i videclip – dissi – gli vengono fuori dei veri e propri film di dieci minuti. Adesso che ha fatto un film, gli è venuto fuori un videoclip di un’ora e mezza”.
Curioso che oggi che ho 38 anni, ho affinato i miei gusti musicali e cinefili, ho pure diretto per 7 anni un festival cinematografico e Michael Jackson non lo ascolto da almeno 15 anni, beh, devo rivalutare questa opera stramba.

Sotto il profilo strettamente cinematografico, sì, resta una bojata. Ma questo colossale videoclip pieno di ingenuità ed effetti speciali è più interessante di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Se non altro, perché non è il solito documentario sulla rockstar di turno o il solito filmato di un concerto e assomiglia piuttosto ai vecchi film dei Beatles.

Più che un prodotto commerciale buono giusto per dare immagini a un po’ di canzoni, “Moonwalker” è una vera e propria autobiografia – sincera e metaforica – di uno dei personaggi più importanti e discussi della storia dello spettacolo.

Mi rendo conto solo ora del potere simbolico di quelli che venticinque anni fa mi erano sembrati solo dei giocattoloni infantili. Perché infantile, Moonwalker lo è, ma nel senso più nobile del termine: è un film scritto, prodotto e interpretato da un bambino di trent’anni. Davvero un film come lo avrebbe girato da Peter Pan. La vicenda così improbabile, l’ingenuità dei dialoghi riflettono il candore di una mente pura, e non furba.

Michael Jackson che si trasforma in gangster, poi in macchina da corsa, in coniglio, in robot, in astronave, da una parte è la materializzazione dei sogni di ogni bambino (che un bambino trentenne e miliardario si è potuto permettere di realizzare), dall’altro la manifestazione del disagio di un uomo non riconciliato, costretto in continuazione a cambiare pelle, a cambiare forma perché non riesce ad accettarsi e ad integrarsi con il mondo. E allora diventa gigantesco e potente come un Transformer, magico come un ufo, figo come una rockstar, ma non riesce mai ad essere uomo tra gli uomini, e nemmeno uomo tra i bambini.

P.S.

Nel gennaio del 1989 fondai un giornalino umoristico autoprodotto: si chiamava “Il Giornale sui fascisti e i comunisti”, successivamente ribattezzato GFC. In quel giornalino avevo inserito una rubrica di recensioni cinematografiche. Ogni articolo lo iniziavo più o meno così: “Avrei preferito parlare di Moonwalker, invece vi parlerò di…”. Ho recensito molti film ignobili, in quella rubrica, ma mai Moonwalker, qindi era tempo che lo facessi.

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